In particolare, di recente la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 21939/2019 ha statuito che, in tale tipologia di giudizi, sul paziente incombe l’onere di dimostrare il nesso di causalità tra l’aggravamento di una patologia preesistente o l’insorgenza di una nuova tipologia e l’azione o l’omissione dei sanitari, posto che, in simili fattispecie, non è possibile invocare il principio della maggiore vicinanza della prova al debitore.
Il paziente, quindi, deve solo dimostrare che la condotta del medico è stata causa del danno lamentato secondo il criterio del “più probabile che non”, con la conseguenza che, se al termine dell’istruttoria tale causa è rimasta assolutamente incerta, la domanda va rigettata.
Il paziente danneggiato deve provare solo l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento di una patologia ed allegare l’inadempimento del sanitario astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Rimarrebbe, invece, a carico del sanitario l’onere di dimostrare che l’inadempimento non vi è stato o non è risultato causalmente rilevante.